In “Uno sceriffo qualunque” viene narrata la curiosa avventura di Harold Zapruder, giovane praticante di uno studio legale del Massachusetts, che arriva in uno sperduto e decadente paesino per raccogliere l’eredità di uno zio che non ha mai conosciuto; qui, però, scopre di essere stato ingannato: dopo un veloce colloquio con un bolso e ottuso vicesceriffo – l’ultima autorità rimasta in un villaggio in cui tutti sembrano darsi alla fuga – il ragazzo scopre non solo che lo zio è vivo e vegeto, ma che è altresì bisognoso di un cospicuo aiuto economico.
Pare infatti che lo zio, l’anziano medico del paese, abbia contratto numerosi debiti e perciò, per evitare di essere condannato a passare gli ultimi anni di vita in prigione, abbia inscenato la sua morte per attirare a sé il nipote, sperando di poter ricevere da lui un qualche aiuto.
Harold, ovviamente, non intende affatto farsi carico dei problemi dello zio e così decide di ripartire; poiché la partenza non è possibile prima di una settimana, è costretto suo malgrado a soggiornare presso il saloon, dove conosce la bella e affascinante proprietaria del locale, Kate, che per il momento rappresenta la sua principale fonte di informazioni sul villaggio e sui suoi abitanti.
Lo stile de “Uno sceriffo qualunque” è ironico e volutamente lineare, allo scopo di non rendere ostica la lettura e di intrattenere piacevolmente il lettore.
Il titolo dell’opera allude al modo in cui il protagonista viene nominato sceriffo: dato che quest’incarico viene assegnato solo per la totale mancanza di altri candidati e non per qualche caratteristica peculiare dello stesso, Harold può benissimo essere definito come “uno sceriffo qualunque”.